Rinaldo Fedrigo

Senza i conferenti mancherebbe l’energia che dà vita al vino. Sono coloro che curano durante l’anno con passione ed entusiasmo la vigna in modo tale che dia buoni frutti. Gli stessi frutti che Farina trasforma in vini straordinari e conosciuti nel mondo. Questi vini partono proprio da loro…

Rinaldo Fedrigo

Zona vigneto:  
Castelrotto e Negarine
Superfice:  
1
Altitudine:  
t
Sistema di allevamento:  
pergola tradizionale
Esposizione:  
Est
Vitigni:  
Corvina, Corvinone, Rondinella, Oseleta e Dindarella
Tipo di suolo:  
argilloso con parte calcarea

 

Scheda introduttiva

Il lavoro in campagna è per la famiglia Fedrigo, oggi composta dai fratelli Marco, Pierina, Mario e Rinaldo, una tradizione di famiglia. Nella casa di campagna sulle colline di Castelrotto, da dove si domina la vista di buona parte del territorio della Valpolicella classica, la vigna è protagonista assoluta da secoli. Il padre Antonio ha dato vita alla coltivazione della vite sulle colline di Castelletto ed è lui, che riponeva con religiosa cura ogni singolo grappolo dopo averlo reciso, che ha insegnato ai figli tutto quello che c’era da sapere sulla vite.

Intervista a Rinaldo Fedrigo

Il lavoro in campagna è per la famiglia Fedrigo una tradizione di famiglia. Ce lo racconta Rinaldo Fedrigo nella sua casa di campagna sulle colline di Castelrotto, da dove si domina la vista di buona parte del territorio della Valpolicella classica. Un luogo dove la vigna è protagonista assoluta da secoli e dove l’amore per la coltivazione di questa pianta è parte quotidiana della vita della gente che vi abita. “È stato mio padre Antonio a dare vita alla coltivazione della vite sulle colline di Castelrotto, dove siamo oggi. A 18 anni è rimasto orfano e con la mamma e la sorella si sono trasferiti qui dove ha iniziato a coltivare vite e frumento. Prima di conferire le uve a Farina, il vino lo producevamo nella nostra piccola cantina, perciò sia io che i miei fratelli, Marco, Pierina e Mario, abbiamo sempre lavorato in campagna. La fermentazione del vino veniva fatta in un portico che avevamo ricavato e poi veniva trasferito in cantina. Noi fratelli maschi abbiamo imparato il mestiere andando in campagna con nostro padre. Era un'attività che abbiamo sempre svolto nel tempo libero perché ognuno di noi faceva e fa un altro mestiere nella vita. Il lavoro in campagna è per noi una tradizione di famiglia”. 

Perché avete scelto Farina? 
La relazione con Farina dura ormai da molti anni. Mio padre era un grande amico del nonno di Claudio ed Elena, che produceva già vino. Da questo rapporto di amicizia, venti anni fa, ha avuto inizio anche la collaborazione come fornitori di uve. 

Quale è uno dei suoi primi ricordi legati alla campagna? 
Sinceramente è un ricordo un po’ sgradevole. Anni fa, quando bisognava fare i trattamenti con i prodotti chimici a mano, c'era ancora la pompa e spettava sempre a me usarla, in quanto fratello maggiore. Era una faticaccia per me e odiavo fare quel lavoro! Oggi fortunatamente è cambiato tutto, anche il mio amore per la campagna. 

Quale è l'insegnamento più grande che avete ricevuto da vostro padre? 
Lui ci ha insegnato tutto. Ricordo ancora con che cura mio padre riponeva i grappoli di uva dopo averli recisi dalla pianta. Lui portava l'uva in granaio con la carrucola e la posava delicatamente in un determinato modo. Quando non c'era più posto i grappoli venivamo appesi con degli spaghi. Era uno spettacolo… 

Chi si occupa oggi della vigna? 
Marco, mio fratello più giovane, gestisce la vigna e si prende cura della campagna, nonostante non sia il suo mestiere principale. Almeno un paio di ore al giorno, dopo aver finito di lavorare, si sporca le scarpe in vigneto. È una vera passione per lui.  

Come lavorate le vostre viti? 
Siamo molto attenti alla natura e per questo evitiamo i pesticidi. Penso che siamo stati i primi ad adottare la tecnica in Valpolicella, riduciamo al minimo l'uso di fitofarmaci e, per combattere la tignola, usiamo la tecnica della confusione sessuale. 
Da un vostro vigneto è nato il nome dell’Amarone “Montefante"… 
15 anni fa Farina ci ha chiesto un consiglio sul nome da dare all’Amarone che nasceva dalle nostre uve. Noi ci ricordavamo che la zona dove si trovano i nostri vigneti, a Castelrotto, mia zia l'aveva sempre chiamata Montefante. Così quel nome è diventato un simbolo dell’Amarone Farina. È un orgoglio vedere circolare l'Amarone con questo nome! 

Come vi definireste? 
Io sono più superficiale e impaziente rispetto a mio fratello Marco, ma siamo tutti amanti della viticultura e della natura, in generale. 

Come è andata l'ultima vendemmia 2015? 
È stata una buona vendemmia come qualità e come quantità. Siamo noi in famiglia a fare la raccolta, perché vogliamo mantenere la tradizione e farla in una determinata maniera, come ci ha insegnato nostro padre. Ci ha insegnato a raccogliere il grappolo, bello maturo e senza acini verdi, per poi adagiarlo con cautela nelle cassette, dando alla natura il giusto rispetto. 

Il vostro motto? 
Riprendo una frase dal mondo sportivo, perché sono un appassionato di tamburello, come mio fratello Mario, ex giocatore e allenatore come me. “L'importante è partecipare”, ma aggiungo anche “Ricordatevi che quando vinciamo stiamo molto meglio!”. E con Farina e il Montefante abbiamo sicuramente vinto. 

Se volesse lanciare un messaggio a Farina, cosa direbbe? 
Dovrei innanzitutto ringraziare, perché con loro è come essere in una grande famiglia.
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