Intervista a Luigi Andreoli
Come ha iniziato a collaborare con Farina?
Nel
1975 ho incontrato sul campo da calcio Remo Farina, il papà di Elena,
che era titolare di fratelli Farina assieme ad altri tre soci. Fin da
subito abbiamo iniziato a parlare dei suoi progetti di allargamento
dell’attività e nel 1976 è iniziato un matrimonio professionale che è
durato 3 anni e mezzo, perché poi sono andato a fare il tecnico
dirigente in una cantina sociale delle vicinanze. Ma il mio destino era
di continuare a collaborare con loro e nel 1984 sono tornato.
Che ruolo ha all’interno dell’azienda?
Sono consulente esterno e do consigli, faccio assaggi ed analisi di laboratorio perché vada tutto per il meglio.
Un episodio che ricorda?
Ricordo
che nel settembre 1989 Remo mi disse: “Quando non ci sarò più io, darai
una mano a Claudio, mio nipote, e mia figlia Elena”. Non è servito che
me lo ripetesse, io ho continuato a collaborare con loro, ma il lavoro
viene dopo il rapporto di affetto che ci lega. Io ho seguito
l’evoluzione dell’azienda. Alcuni anni prima di andarsene, Remo aveva
già preparato le basi per Claudio ed Elena, che si sono ritrovati una
realtà in fase di lancio.
Che cosa ha portato la nuova generazione?
La
nuova generazione ha portato un approccio giovane e innovativo, insieme
sono due vulcani di idee. Io sono sempre stato a favore di ciò, per
spingere l’azienda verso il futuro. Oggi loro sono lanciati verso
qualcosa di importante.
Quale consiglio si sente di dare loro?
Glielo
ripeto sempre: fare l’azienda agricola con cru particolari, staccandosi
dalle logiche meramente commerciali. Oggi la tecnologia ci mette a
disposizione delle strategie che ci permettono di avere quantità di vino
pronte prima. Ma le logiche commerciali non dovrebbero prevalere.
Bisogna fare il passo secondo la gamba, bilanciando e mirando ad un
obiettivo.
Aggettivo per definire Farina?
È
nel momento più delicato della sua espansione. Ha tutto: prodotti
elitari particolari, all’avanguardia e di qualità, sappiamo da dove
arrivano le uve. Le particolarità però non vengono esaltate nel modo in
cui si potrebbero esaltare.
Punto di forza?
Vogliono che il prodotto sia di alta qualità e porti alto il nome dell’azienda.
Tutto quello che esce deve essere al massimo della qualità.
Tutti assaggiamo i vini perché ciò sia possibile.